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Il deserto nella metropoli. Appunti sulle orme di Charles de Foucauld.

Paolo Sorbi

“Tutto attrarrò a me”

Non si comprende la decisiva importanza del ruolo svolto da Charles de Foucauld nella vita della Chiesa in tutto l’arco del ‘900 se non risaliamo al proto-ruolo che ebbe Teresina di Lisieux, vera “radice” di quella che amo definire come “spiritualità del ‘900”.

Questa grande corrente spirituale e culturale affonda le sue radici in quello che definirei il simbolo del “Servo Sofferente”. Vale a dire quell’intuizione che ebbe Teresina, vero gigante della spiritualità cristiana e dottore della Chiesa, che fu “tradotta” nell’elaborazione conciliare del Vaticano II con il concetto di “piccolezza”.

Tra la dinamica di chi si fa servo, servo in croce, ed il termine di “piccolezza”, di “povertà nel cuore delle masse”, c’è un legame strettissimo. L’amore di carità universale, vissuto dentro una piccola stanza del suo Carmelo. Ecco Teresina: il “piccolo” nell’immenso.

In questo concetto del “piccolo nell’immenso” c’è già tutto de Foucauld e le testimonianze dei suoi seguaci, le famiglie religiose dei “piccoli fratelli” e delle “piccole sorelle”.

Una testimonianza durante tutto l’arco del secolo passato, e che continua nel terzo millennio, accompagnata da disseminati gruppi laicali sparsi in tutto il mondo.

Per comprendere la radicalità dell’innovazione non è necessario partire dagli avvenimenti del fondatore per poi arrivare ai suoi seguaci.

Al contrario, si tratta di partire dalla “fine” di questa esperienza di vita: dalla storia dei suoi “piccoli fratelli di Gesù” e ovviamente anche delle “piccole sorelle”.

Infatti si comprende la spiritualità di Charles de Foucauld a partire dagli anni Trenta del secolo passato quando il santo era già scomparso dal 1916.

Insomma, come per RICONOSCERE (e amare) Gesù BISOGNA partire dal Nuovo Testamento –per risalire, senza rotture, all’Antico ed ai suoi difficili “rami messianici” – così bisogna conoscere oggi cosa sono, chi sono, che fanno i “piccoli fratelli” per poi ancora risalire alla centralità della spiritualità del XX secolo.

Ovviamente non si tratta di un’unica spiritualità, ma tra quelle esistenti, certamente la radice di de Foucauld (e della sua proto-radice: Teresina di Lisieux) è quella che ha dato moltissimo alla complessa elaborazione del Concilio Vaticano II nei suoi Documenti decisivi, come il “De Ecclesia” (la visione della Chiesa “ab intra”) e la “Gaudium et Spes” (la vita della Chiesa nelle sue relazioni col mondo).

In quelle pagine le riflessioni, gli studi profondi, i risultati di ricerche e azioni sociali e politiche delle élites del mondo cattolico, in tutto l’arco dei cento anni precedenti, si ispirarono in buona parte alle elaborazioni e, specialmente, alle vite dello stesso de Foucauld e dei suoi discepoli.

I piccoli fratelli di Gesù

Analogamente alla grande riflessione teologico-antropologica di San Paolo – che aveva annunciato le NOVITÀ, senza rinnegare la radice ebraica –, da Carlo Barth al cardinal Newman, alle ulteriori riflessioni di Congar e Ratzinger, di Moltman, di Nikita Struve ed altri, viene formandosi una peculiare attenzione attorno a due straordinari testimoni: Teresina di Lisieux e Charles de Foucauld.

Sono i temi innovativi della “piccolezza”, dei mezzi poveri, del “deserto” inteso come ritiro, spazi di silenzio, ma anche “deserto nel moderno”, nella metropoli che allora si affermava in tutta la sua potenza meccanica e secolare e che oggi ci sfida con l’accelerazione tecnologica e l’intelligenza artificiale.

Tutto il ‘900 è caratterizzato dai tanti “materiali pesanti”. Innanzitutto l’acciaio. Per la crescita diffusa di grandi concentrazioni di masse proletarie al lavoro su catene di montaggio, oppure nelle grandi fucine siderurgiche.

Gli ultimi, gli sfruttati, a cui hanno corrisposto idealtipi come quelli del soldato, del militante operaio; in campo esegetico-biblico, del “servo” o di chi si “abbassa” diventando “come loro”.

Quale formidabile “profezia” nella scelta degli “ultimi” di de Foucauld alla fine Ottocento – inizi Novecento, proprio durante la crescita generale e quantitativa delle nuove masse proletarie nelle grandi concentrazioni metropolitane europee e americane!

Da qui, credo, sia necessario riconoscere la “genialità profetica” di quel “riscopritore” delle tematiche della “piccolezza” che fu il padre René Voillaume.

Da giovane sacerdote, non aveva trovato le connessioni tra le intuizioni di de Foucauld e le dinamiche della contemporaneità già fortemente emergente dagli inizi del secolo passato.

Il padre Voillaume fondò i primi nuclei dei “piccoli fratelli di Gesù” che gradualmente, anche per l’effetto carismatico della sua leadership, promossero l’avvio di innumerevoli piccole fraternità sparse in tante bidonvilles e realtà di quartieri proletari, in cui vissero, attraverso testimonianze anche culturalmente notevoli, alcuni piccoli fratelli come Louis Gardet, “piccolo fratello André” e un altro noto come Michel Nurdin.

Queste riflessioni collettive produssero intuizioni come “deserto nella metropoli”, con il suo caos che necessita di “eremi” di vita contemplativa, di “Nazareth” simbolo di vita nascosta e lavoro manuale dello stesso Messia, di vita dentro le grandi agglomerazioni metropolitane del Terzo Mondo con atteggiamento di pura e silenziosa testimonianza, del non fare proselitismo. Di esserci così, come loro, come gli sfruttati.

Certo è impressionante il complesso di intuizioni, arriverei a dire di un nuovo “vocabolario” dottrinale-pastorale, di un insieme di nuove parole-chiave della “spiritualità delle metropoli”, come amo chiamare questo filone che si dipana gradualmente in tutte le aree cristiane del ‘900.

Sull’esempio di queste testimonianze, una straordinaria giovane donna – Elisabeth Hutin, il suo nome di religiosa sarà “piccola sorella Magdleine” – fonderà in amicizia forte col padre Voillaume il ramo femminile delle “piccole sorelle di Gesù”, che si inseriranno anche loro con grande coraggio negli slums di tutto il mondo, e negli anni ’40 inizieranno delle formidabili esperienze femminili operaie “a la Simone Weil”, anche lei sulla linea della pesantezza della fatica e della Grazia.

Fratello Universale

Quattro sono le fasi della storia delle Fraternità dei “piccoli fratelli” e delle “piccole sorelle”, a partire dalle loro reciproche fondazioni negli Anni Trenta del passato secolo.

La prima fase si potrebbe definire: sulle orme e sulla riscoperta della vita di Charles de Foucauld. Dalla rilettura di alcuni suoi scritti, dalle sue iniziali disposizioni per gruppi di contemplativi tra i poveri e, nel suo caso, i nomadi Tuaregh del deserto algerino-marocchino.

Così fece padre René Voillaume. Con i primi nuclei dei suoi amici, desiderosi come lui di riprendere, dopo tanti anni di silenzio, le vie indicate dal contemplativo del deserto, si installa ad El Abiodh, al confine tra Marocco e Algeria.

La seconda fase scaturisce dalla percezione e dalle informazioni provenienti dall’Europa che mutano questi iniziali progetti di radicamento tra i poveri del deserto.

Nel mondo cristiano appare sconvolgente la rottura tra masse proletarie e pratiche di fede.

Inoltre si aggiungono notizie della crescita dei totalitarismi e di drammatiche avvisaglie di una nuova guerra internazionale: Europa terra di missione? Certamente sì.

Terminata la Seconda Guerra Mondiale, c’è una sorta di “grande svolta” nelle elaborazioni del padre Voillaume e dei suoi interlocutori.

Jacques Maritain, innanzitutto, loro grande amico.

Collabora anche una nuova generazione di padri domenicani dove primeggia nelle riflessioni storico-teologiche sul lavoro, e nella testimonianza della vita cristiana nel mondo secolarizzato, il padre Chenu, oltre alle dirigenze dei vari rami operai delle azioni cattoliche e i gruppi dei preti diocesani operai della “Mission de France”. Ai quali si aggiungono alcuni straordinari vescovi come Charles de Provenchères, il cardinale di Parigi Emmanuel Célestin Suhard e lo stesso monsignor Giovanni Battista Montini, che operava allora nella Segreteria di Stato Vaticana.

La lista dei seguaci di de Foucauld sarebbe impressionante e toccherebbe leadership politiche, diplomatiche, sindacali, accademiche sparse in tutta Europa e negli Stati Uniti come nell’America Latina.

La terza fase, che connoto come “l’amorizzazione del mondo”, è quella di tutto il secondo dopoguerra sino alla fine del secolo.

Espansione, ratificazione solenne da parte vaticana dei due rami della Congregazione dei piccoli fratelli e sorelle di Gesù e, negli anni del Concilio Vaticano, riconoscimento anche formale in Documenti centrali dei Padri conciliari dell’enorme esperienza di vita tra i poveri e della presenza, nell’alta cultura occidentale credente e non credente, delle tematiche del lavoro salariato, delle conflittualità sociali, della riflessione tra azione e contemplazione.

In questa ricerca dell’autentica vita evangelica, inserita nelle tragedie del Novecento industriale, dall’esperienza delle Fraternità nel mondo (ortoprassi!), dalla rilettura più sistematica di tutti gli scritti di de Foucauld, appare un vero e proprio “vocabolario”, un linguaggio novecentesco di parole-chiave che compongono quella nuova tessitura teologico-pastorale di cui abbiamo accennato e che sarà la trama di tutto il rinnovamento conciliare.

“Nazareth” come vita nascosta, di lavoro manuale, di testimonianza nei luoghi degli “scarti sociali” immensi come quantità, sparsi ovunque nelle realtà capitalistiche e non solo.

“Deserto” come grande metafora della contemplazione monacale e conventuale capovolta ALL’ESTERNO, verso le realtà terrene e sociali nella testimonianza dei mezzi poveri. Come “oasi” di riflessione di laici e religiosi che si confrontano nell’esperienza di iniziative di base e sono alla ricerca di attimi di riflessione e preghiera profonda restando legati alla vita metropolitana, ai suoi drammi, alle sue conquiste democratiche.

“Fratelli universali”, innanzitutto nel radicamento disperso in tante realtà geografiche, poi un particolare “sguardo affettivo” all’Islam, come originaria vocazione di de Foucauld ed al mistero d’Israele come contributo della grande amicizia maritainiana e di tanti altri amici.

“Attrarre” come attrazione cosmica dell’Incarnazione. La Presenza reale dell’eucarestia in tutte le fraternità è la dimostrazione concreta che tutto nella vita converge verso la realtà misteriosa cristica della Redenzione della storia e della natura.

Cieli nuovi, terre nuove. Simbolo di un’apocalittica “non catastrofica” che delinea una straordinaria convergenza tra le intuizioni del “milieu divin” descritto negli studi paleontologici del padre Teilhard de Chardin e gli scritti di de Foucauld nel deserto.

Sull’attrazione universale verso la messianicità di Gesù ed il suo “Cuore”. Dagli ultimi all’Ultimo. Al figlio dell’Uomo, all’attrazione mistico-biblica.

Dall’amorizzazione del mondo alla convergenza cristica nel punto-Omega.

Profetici passaggi molto utili per la nostra epoca di transizione ecosistemica.

Solo ora si comprendono le parole di papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti”: «Mi riferisco al Beato (ora Santo) Charles de Foucauld. Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualsiasi essere umano come un fratello… Voleva essere, in definitiva, il “fratello universale”» (“Fratelli tutti”, paragrafo finale n.287).

Non è mia intenzione, in questi appunti, aprire una riflessione sul futuro di questa “spiritualità del Servo”, dei mezzi poveri, delle testimonianze di alta cultura, e dei tanti microsegni sociali e politici dentro i colossali “trends” del XXI secolo. Come riuscire ad incarnarli dentro queste realtà nuove, creative, dalle nuove applicazioni dell’intelligenza artificiale alle dinamiche algoritmiche, ma anche in società “senza masse” organizzate, con folle enormi di poveri resi seccamente solo individui, con gigantesche trasformazioni dei mercati del lavoro, con gravi crisi delle democrazie, financo con le “nuove fasi sanitarie” lunghe che abbiamo di fronte, di crisi degli aggregati urbani, metropolitani.

Insomma siamo di fronte ad un vero e proprio collasso antropologico.

I “figli” di de Foucauld hanno molto da riflettere per proiettarsi con coraggio; loro, espressione evangelica delle diverse fasi delle trasformazioni industriali e produttori di una spiritualità che si era adattata splendidamente a quelle dinamiche e a quelle tipologie umane.

Proprio loro, secondo me, sono tra i più preparati ad un grande e nuovo passaggio d’epoca tra gli ultimi del mondo, portando lì coraggiosamente, senza “niente fare di apparente e comiziante”, la testimonianza che se il chicco di grano non muore non potrà generare frutti.